E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, n. 145 Serie L del 4 giugno 2008, il Regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio, sottoscritto il 23 aprile 2008.
Il Regolamento istituisce un nuovo codice doganale comunitario, abrogando il precedente codice contenuto nel Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992.
Il nuovo codice si è reso necessario, come si legge tra i considerando e nei documenti prodotti dagli organismi coinvolti nel corso del lungo iter di approvazione iniziato nel 2005, per rispondere a esigenze di adeguamento alle più recenti novità giuridiche, politiche ed economiche comunitarie e internazionali.
Tale risposta è all’insegna della semplificazione normativa e procedurale, della modernizzazione e dell’innovazione tecnologica e, naturalmente, della sicurezza.
Una delle modifiche più interessanti è quella concernente la configurazione giuridica delle Zone Franche, dove le merci non comunitarie, e a certe condizioni anche quelle comunitarie, possono essere depositate senza essere soggette ai dazi all’importazione, altri oneri e misure di politica commerciale.
All’interno delle Zone Franche doganali è possibile svolgere a condizioni evidentemente agevolate non solo il magazzinaggio ma anche attività industriali, commerciali e di servizi, soprattutto quelle di trasformazione delle merci che transitano lungo le rotte internazionali, grazie alla possibilità di vincolare queste ultime ad altri regimi doganali che consentono tali usi.
Rinviando al testo ufficiale per ulteriori dettagli, si pone in evidenza rispetto al codice del 1992, nel quadro di una generale opera di semplificazione e nel contempo di migliore specificazione dei regimi doganali, l’eliminazione della distinzione tra Deposito Franco e Zona Franca, l’inserimento delle Zone Franche tra i regimi doganali speciali di deposito e non più tra le altre destinazioni doganali e, soprattutto, l’abolizione delle Zone Franche “non intercluse”, di cui all’art. 168 bis del previgente codice, infatti abrogato, che era stato introdotto dal Regolamento (CE) n. 2700/2000.
Le Zone Franche “non intercluse” rappresentavano una nuova tipologia, più integrata col territorio e connessa al tessuto sociale e imprenditoriale locale. Erano infatti concepite in modo da non essere gravate da recinzioni e punti di accesso posti dallo Stato, dalle formalità e dai controlli tipici delle Zone Franche tradizionali e che le disposizioni in materia di formalità e obbligazione doganale fossero semplificate e applicabili secondo le modalità del regime del deposito doganale (controlli di tipo II, secondo quanto stabilito dal Regolamento CE n. 993/2001).
Esse si inserivano allora a pieno titolo in un processo storico che vedeva e vede le Zone Franche tradizionali cadere lentamente in desuetudine (non a caso l’Unione Europea adotta ormai da anni un atteggiamento restrittivo e severo in materia), in un’epoca in cui, già dall’immediato secondo dopoguerra, l’esenzione dai dazi e le agevolazioni ai traffici internazionali sono affidate ai grandi accordi tariffari multilaterali, alle unioni doganali e alle aree di libero scambio, per lasciare spazio a una nuova idea di zona franca, più orientata a divenire strumento di attuazione di politiche territoriali, fiscali e del lavoro.
L’assunto si fondava sulla convinzione che l’eliminazione delle barriere materiali e la semplificazione delle procedure potessero influire positivamente sul territorio circostante l’area, per fictio juris extra-doganale, per esempio grazie a un maggior coinvolgimento dell’impresa locale e del settore dei servizi.
Di questa evoluzione concettuale possono essere considerate approdi recenti, sia pure con qualche forzatura teorica e tecnico-giuridica, le Zone Franche Urbane francesi, eredi delle Enterprise Zones e delle Empowerment Zones anglosassoni e statunitensi e con una ispirazione ben più marcatamente sociale, che tuttavia in nulla riguardano i commerci internazionali e l’ambito doganale ma che sono strumenti di attuazione di fiscalità di vantaggio e politiche urbane.
Sarà da verificare se la Zona Franca doganale, non più destinazione delle merci ma regime speciale di deposito, istituto in un certo senso ridimensionato nella sua eccezionalità e nelle sue potenzialità lato sensu economiche, a metà strada tra le Zone Franche tradizionali e le Zone Franche “non intercluse”, sia destinata o meno nella aggiornata configurazione a trovare nuova e più ampia applicazione.
Quel che però è facile prevedere è che i vantaggi, in termini di sicurezza da un lato e di semplificazione dall’altro, riguarderanno quasi esclusivamente gli operatori doganali e gli aspetti procedurali delle operazioni di magazzinaggio e trasformazione nei nodi, generalmente portuali, del commercio extra-comunitario.
In conclusione e a titolo di cronaca, la prima e unica Zona Franca “non interclusa” in Italia, istituita dall’Agenzia delle Dogane il 1° agosto 2003, era situata all’interno dell’area portuale di Gioia Tauro.
La Zona Franca di Gioia Tauro, però, non è mai stata oggetto di comunicazioni formali e definitive da parte delle autorità nazionali alla Commissione Europea (ai sensi dell’art. 802 del Regolamento CEE n. 2454/93, come sostituito dal Regolamento CE n. 993/2001) nè, di conseguenza, inserita nella lista periodicamente pubblicata in G.U.C.E., e dunque non è mai divenuta operativa.
Nonostante ciò, non sono mancati interventi e progetti e la Zona Franca continua a rivestire un ruolo centrale nelle strategie di sviluppo dell’Autorità Portuale, che all’aspetto gestionale e infrastrutturale ha dedicato ampio spazio negli ultimi Piani Operatrivi Triennali redatti.
E lo stesso Ministero dei Trasporti, nel gennaio 2008, ha con decreto destinato all’Autorità Portuale di Gioia Tauro 50 milioni di euro, la metà dei fondi complessivamente previsti dalla Legge Finanziaria 2008 per gli interventi strutturali nei porti italiani.
Parte di quei 50 milioni servirebbe ad incentivare proprio l’insediamento di attività produttive e di logistica in regime di zona franca.
Rimane ora da comprendere come le novità introdotte dal codice doganale aggiornato influiranno, se influiranno, nel caso di Gioia Tauro.