non solo urbane

20 novembre 2009

Circa un anno fa, su questo blog:

zone franche rurali, perchè no?

12 Novembre 2008

In Francia esistono le Zones de Revitalisation Rurale, introdotte nel 1995 e comprendenti comuni con un basso numero di abitanti, con scarsa popolazione attiva e con vocazione agricola. Al loro interno si attuano misure fiscali agevolative di varia tipologia e interventi pubblici a sostegno e in sussidio dell’iniziativa privata per la conservazione delle attività agricole e lo sviluppo di artigianato e agriturismo. Lo scopo è evidentemente quello di favorire i territori svantaggiati dalla distanza, dalla collocazione geografica e dalla incapacità di attrarre sviluppo, per ciò stesso in fase di spopolamento e invecchiamento. Secondo gli ultimi rilievi, a oltre dieci anni dalla loro istituzione, le Zones de Revitalisation Rurale sembrano dare buoni frutti sotto il profilo della nascita di nuove imprese e della distribuzione sul territorio nazionale del turismo ambientale, oggi più diffuso e diffuso più ampiamente.

In Belgio, in particolare nella regione vallone, un “piano Marshall” del 2005, poi corretto con successivi decreti del 2006 e del 2007, ha previsto l’istituzione di Zone Franche Locali anche in territori extraurbani, perciò definite Zones Franches Rurales, in comuni caratterizzati da scarsa densità abitativa, problemi di isolamento, difficoltà socio-economiche, criticità in tema di servizi essenziali, di disoccupazione, di reddito medio dichiarato, soggetti svantaggiati, condizioni abitative precarie.

In Italia, dal recente e ancora attuale dibattito sulle Zone Franche Urbane è emersa l’esigenza da parte di numerose amministrazioni, escluse sulla base dei parametri, di usufruire di forme di fiscalità di vantaggio territoriale per la crescita, il rilancio di territori non urbani ma non per questo meno bisognosi di interventi.

Sempre più di frequente si invocano esenzioni a livello locale per il turismo, in qualche caso si propone l’estensione dei benefici in Zona Franca Urbana a diversi contesti. Numerose sono poi le proposte e i disegni di legge per l’istituzione di zone franche in piccoli comuni svantaggiati, per esempio quelli situati al confine con province e regioni a statuto autonomo e speciale e con territori che godono di una fiscalità vantaggiosa o di migliori condizioni economiche.

Se ne discute in Trentino Alto Adige, ma anche in Sardegna e in Valle d’Aosta, dove si ipotizza l’individuazione di Zone Franche Montane.

La complessità dei problemi legati allo spopolamento di campagne e montagne, alla concentrazione dei servizi ai cittadini e alle imprese e alla trasformazione del mondo agricolo e nel contempo le potenzialità di sviluppo proprie dell’Italia, del suo artigianato, della sua tradizione enogastronomica, della sua agricoltura, inducono ad una riflessione sulla sperimentazione anche in questo ambito di uno strumento finora destinato solo ai quartieri delle città.

Zone Franche Rurali anche in Italia, perchè no?

A margine della firma dei “Contratti di Zona Franca Urbana”, avvenuta a Roma il 28 ottobre scorso, il tema delle zone franche in località rurali e montane è tornato alla ribalta.

Il merito è soprattutto del Presidente della Regione Valle d’Aosta Augusto Rollandin, che in occasione di una recente Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome ha rilanciato l’ipotesi di Zone Franche Montane “simili a quelle Urbane, per garantire le agevolazioni e gli incentivi previdenziali e fiscali in grado di attrarre gli investimenti di capitale e sostenere le imprese, con benefici per l’occupazione”, nell’ambito di politiche mirate alla coesione territoriale.

Nella giornata di ieri, l’amico Fabrizio Favre, direttore del Corriere della Valle d’Aosta e collaboratore del Sole 24 Ore Nord Ovest, si chiede sul suo blog “ImpresaVDA” se la decisione Aiuto di Stato N346/2009, con cui la Commissione Europea ha autorizzato le Zone Franche Urbane in Italia, possa essere d’ispirazione per le Zone Franche Montane.

La risposta è: forse sì.

La citata comunicazione della Commissione Europea, infatti, in un suo passaggio sottolinea: “la politica di coesione può contribuire alla creazione di comunità sostenibili in quanto permette di affrontare le questioni economiche, sociali e ambientali attraverso strategie integrate di rinnovamento, recupero e sviluppo delle zone urbane e rurali“, richiamando in nota la Comunicazione Politica di coesione a sostegno della crescita e dell’occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013, in particolare il punto relativo al contributo della politica di coesione alla crescita e all’occupazione.

Spunti interessanti.

( rocco.iemma@tin.it )

Gruppo Zone Franche Urbane su Facebook.

2 Risposte to “non solo urbane”

  1. Giuseppe Federici Says:

    L’iniziativa è interessantissima. occorrerebbe saperne di più circa le modalità di costituzione e vantaggi ottenibili e/o concedibili da parte di chi, come e quanto.
    Cordialità
    Giuseppe


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