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PREMESSA
Il dibattito sull’istituzione di una o più aree di esenzione fiscale, come strumento agevolativo della ripresa economica delle zone danneggiate dal sisma in Abruzzo, è in corso ormai da settimane e si arricchisce giorno dopo giorno di proposte, rivendicazioni e formule estremamente varie e dall’incerta efficacia e praticabilità.
Si è parlato, non senza fraintendimenti e imprecisioni, di provvedimenti ad hoc; di esenzioni per 5 anni e altre volte per 10 e altre ancora per 4; di estensione delle agevolazioni già previste per le Zone Franche Urbane istituite dalla Legge Finanziaria 2007 ma pure di modifica dei parametri di individuazione delle stesse Zfu per farvi rientrare i territori abruzzesi, anche quelli non urbani; di zone franche nella sola Città de L’Aquila, ricompresa in tutto o in parte, ma talvolta di una o più zone franche, aggettivate come urbane a prescindere dalla localizzazione, da istituire in corrispondenza o all’interno della Provincia e oltre, zone montane comprese. E così via.
Alcune idee sono state recepite nei testi di numerosi e differenti ordini del giorno ed emendamenti al disegno di legge S. 1534 di conversione del D.L. n. 39/2009, cosiddetto “decreto Abruzzo”, che non prevedeva nel testo predisposto dal Governo ipotesi di zona o zone franche.
All’incertezza hanno contribuito la prudenza del Commissario Danuta Hubner, prima, e dello stesso Presidente Barroso, poi, che hanno sottolineato più o meno esplicitamente come l’Unione Europea, pur aperta a ogni valutazione se e quando giungerà alla Commissione la proposta italiana, intenda rispondere all’emergenza innanzitutto con strumenti e fondi già a disposizione e senza alterare la concorrenza tra Regioni, e alcune dichiarazioni su una zona franca comunque diversa dalla Zona Franca Urbana propriamente detta, mentre però il testo normativo che si stava delineando in Aula al Senato, tra emendamenti accolti, respinti e ritirati, andava proprio in questa ultima direzione.
LE ZONE FRANCHE NEL “DECRETO ABRUZZO”
Il 21 maggio 2009, infatti, dopo ore convulse e il parere in extremis da parte della Commissione Bilancio su un “pacchetto” di emendamenti del Relatore, l’Assemblea del Senato approvava il disegno di legge n. 1534, che il 25 maggio 2009 è stato trasmesso alla Camera dei Deputati (assegnato con il n. 2468 alla Commissione Ambiente) con alcune rilevanti modificazioni.
Tra queste ultime, è da segnalare l’introduzione all’art. 10 dei commi 1 bis, 1 ter, 1 quater e 1 quinquies, frutto dell’approvazione di due emendamenti (10.900 già approvato dalla Commissione in sede referente ed emendato e 10.900/1 del Relatore, che modifica il primo).
Una analisi del testo, in attesa della conversione definitiva, può senz’altro contribuire, al di là delle dichiarazioni e di un certo abuso di definizioni, a conoscere quale tipologia di “zone franche” sarà in effetti e realmente possibile individuare in Abruzzo secondo il testo ad oggi approvato (che siano “urbane” o meno, non è particolare di poco conto, atteso che alla denominazione corrisponde una disciplina specifica), in quali ambiti territoriali, a vantaggio di quali imprese, con quali esenzioni, secondo quali parametri di selezione e, tra l’altro, con quali effetti sul dispositivo generale sulle Zone Franche Urbane in vigore, in fase di attuazione in 22 aree urbane già selezionate.
Secondo gli emendamenti approvati: il Cipe, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e sentita la Regione Abruzzo, provvede all’individuazione ed alla perimetrazione di Zone Franche Urbane ai sensi dell’articolo 1, commi da 340-343 della L. n. 296/2006, Legge Finanziaria 2007, e successive modifiche (disposizioni che si applicano per intero, così come dispone il secondo periodo del comma 1 bis), nell’ambito dei territori comunali della provincia dell’Aquila e di quelli già identificati con decreto del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009 (ovvero i territori comunali interessati “dagli eventi sismici che hanno colpito la regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009, che hanno risentito di un’intensità MCS uguale o superiore al sesto grado”, elencati nello stesso decreto*); la selezione avverrà in base a parametri fisici e socio-economici rappresentativi dei fenomeni di degrado urbano e sociale “e degli effetti provocati dal sisma sul tessuto economico e produttivo”; al finanziamento e per il periodo di vigenza degli incentivi (dunque non più solo per il 2009, come previsto dall’emendamento 10.900 approvato in Commissione) provvederà un apposito Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (quindi non più il Fondo già previsto in Legge Finanziaria 2007 per le Zone Franche Urbane e istituito nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo Economico), con una dotazione di 45 milioni euro, che costituisce tetto di spesa massima (non è specificato se annuale); i commi 1 ter e 1 quater prevedono l’applicazione, in alternativa all’istituzione delle Zone Franche Urbane, di un regime fiscale di incentivazione in materia di imposte sui redditi, Iva, imposta di registro e imposte sui finanziamenti collegati alla ricostruzione; il comma 1 quinquies, infine, specifica che entrambe le misure, per avere efficacia, devono ottenere la preventiva autorizzazione comunitaria.
ZONE FRANCHE, URBANE O NO? AMBITI TERRITORIALI, IL PROBLEMA E L’IMPORTANZA DEI PARAMETRI
Le uniche “zone franche” previste dal disegno di legge di conversione del “decreto Abruzzo”, allo stato dei lavori parlamentari, non sembrano configurarsi come “zone franche ad hoc” ma come Zone Franche Urbane a pieno titolo, diverse da quelle istituite dalla Legge Finanziaria 2007, e successive modifiche, solo per alcuni dettagli tecnici e per la considerazione degli effetti del sisma ai fini della selezione.
Il comma 1 bis dell’art. 10, per come approvato dall’Assemblea del Senato, dispone infatti l’individuazione, ad opera del Cipe (considerati anche gli “effetti provocati dal sisma sul tessuto economico e produttivo”, su proposta del Mise e sentita la Regione Abruzzo), di “zone franche urbane ai sensi dell’articolo 1, commi da 340 a 343, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni”; secondo lo stesso comma 1 bis “alle aree, così individuate, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 340 a 343, della predetta legge n. 296 del 2006”: pare quindi che si possa affermare, testo alla mano, che le Zone Franche Urbane di cui al “decreto Abruzzo”, modificato e in corso di conversione, sono previste a vantaggio di “circoscrizioni o quartieri delle città” (art. 1, comma 340, della Legge Finanziaria 2007, richiamato appunto dal comma 1 bis dell’art. 10 del “decreto Abruzzo”).
L’assunto sembrerebbe trovare conferma nel fatto che l’individuazione sarà “nell’ambito dei territori comunali della provincia di L’Aquila e di quelli di cui all’articolo 1 del presente decreto” (ancora al citato comma 1 bis): le Zone Franche Urbane potranno quindi essere individuate non in corrispondenza di interi territori sovra-comunali, provinciali o comunali, ma solo “nell’ambito”, si riporta testualmente, di questi ultimi.
Tutto ciò, prosegue il primo periodo del comma 1 bis, “in deroga al requisito demografico” contemplato dall’art. 1, commi da 340 a 343, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modifiche, ovvero il limite massimo di 30.000 abitanti per Zona Franca Urbana (sancito al comma 340): le Zone Franche Urbane “abruzzesi”, cioè, a differenza di quelle istituite dalla Legge Finanziaria 2007, potranno contare più di 30.000 abitanti.
Ora, se è vero che le Zone Franche Urbane, ad una interpretazione rigorosa del testo (“nell’ambito”), potranno riguardare solo quartieri o circoscrizioni di Comuni siti in Provincia de L’Aquila e inclusi nell’elenco di cui al decreto del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009, l’unico Comune tra questi che potrà avvantaggiarsi della deroga è quello de L’Aquila, che al Censimento 2001 conta circa 68000 residenti.
Ciò non significa, è il caso di precisare, che le Zone Franche Urbane previste dal “decreto Abruzzo” potranno essere istituite solo a L’Aquila, ma che solo L’Aquila, per oggettivi requisiti demografici, potrebbe beneficiare della deroga.
Resta al momento ignoto se l’individuazione e la perimetrazione da parte del Cipe avverrà con il coinvolgimento dei singoli comuni, se saranno valutati progetti di ricostruzione e di riqualificazione e se saranno previsti anche limiti demografici minimi, come nel caso delle Zone Franche Urbane ex L. n. 296/2006 e successive modifiche: per queste ultime, i provvedimenti del Cipe e del Mise-Dps prevedono che le aree individuate, in Comuni non al di sotto dei 25000 abitanti, non possano contare meno di 7500 abitanti e comunque non più del 30% della popolazione comunale; tali limiti, ove riportati al caso abruzzese, vanificherebbero di tutta evidenza la deroga al limite dei 30000 abitanti (una Zfu con popolazione superiore a 30000 non potrebbe comunque essere individuata a L’Aquila, in quanto oltre il massimo del 30% della popolazione comunale) e limiterebbero la potenziale individuazione di Zone Franche Urbane su gran parte dei Comuni interessati, in quanto ampiamente al di sotto dei requisiti demografici (anche se va detto, in ossequio alla storia e alle finalità dell’istituto Zfu, che piccoli comuni in zone rurali o montane di urbano avrebbero ben poco).
E’ da chiedersi se il “modello Zfu” sarà adottato e adattato in tutto e per tutto al caso abruzzese e quali questioni siffatta soluzione può sollevare, considerato poi il richiamo che il “decreto Abruzzo”, pur avendo già disposto sul ruolo del CIPE, fa (anche) al comma 342 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 (e quindi alle procedure di individuazione, perimetrazione e allocazione delle risorse già attuate per le Zone Franche Urbane “ordinarie”), ma è auspicabile, per ovvie ragioni di urgenza e celerità, una procedura di individuazione e perimetrazione diversa e più rapida, con distinti provvedimenti e procedimenti, attraverso criteri e con limiti e parametri necessariamente speciali, in quanto eccezionale è la situazione (e lo stesso valga per i decreti ministeriali su limiti, modalità, massimali e condizioni delle agevolazioni fiscali e contributive, di cui al comma 341 e al comma 341 quater dell’art. 1 della Legge Finanziaria 2007 e successive modifiche, anch’essi richiamati).
Si pone allora il problema dei “parametri fisici e socio-economici rappresentativi dei fenomeni di degrado urbano e sociale” in base ai quali dovrebbe avvenire la selezione, della fonte statistica e dei tempi della raccolta dei dati che, al di là di quanto valutabile a occhio nudo, qualifichino e quantifichino tali fenomeni di degenerazione economica, urbana e sociale e la connessione di questi con l’evento calamitoso.
L’Aquila, per esempio, quand’anche avesse presentato una proposta progettuale, non sarebbe stata ammessa tra le 22 Zone Franche Urbane “ordinarie” in quanto recante un tasso di disoccupazione inferiore, sì, a quello nazionale, ma secondo la fonte Istat Indagine sulla forza lavoro 2005, come da provvedimenti attuativi ai sensi del comma 342 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 e successive modifiche: sarà arduo compito del Cipe, oggi, individuare parametri e criteri secondo una fonte aggiornata e ugualmente attendibile sulla situazione a seguito del sisma e a poche settimane dallo stesso.
Non si dimentichi che è proprio nella motivazione della proposta, formalizzata in dati statistici trasparenti e obiettivi che rivelino la necessità e l’utilità dell’intervento (che non a caso, per le 22 Zone Franche Urbane ex L. n. 296/2006 e successive modifiche, è ritenuto sperimentale), che deve individuarsi l’elemento decisivo ai fini dell’approvazione comunitaria, soprattutto in virtù delle posizioni assunte dai rappresentanti dell’Unione Europea in visita in Abruzzo e più ancora alla luce degli ulteriori interventi attuati e da attuare e della possibilità di adottare strumenti e misure già in vigore.
E’ legittimo presumere, per lettera e ratio della norma ma anche per favorire l’autorizzazione comunitaria nel rispetto della concorrenza tra Regioni, che rimarranno esclusi quei “territori comunali” non urbani, prima di tutto, e che non abbiano subito effetti “sul tessuto economico e produttivo” (le esenzioni avvantaggiano le imprese, non le famiglie, o almeno non direttamente) e nei quali il sisma abbia procurato, per esempio, danni materiali (insufficienti a motivare nuove agevolazioni fiscali e contributive in Zona Franca Urbana e semmai possibile oggetto di misure già in vigore) ma non generato fenomeni di degrado sociale e urbano (nel caso delle Zfu “ordinarie”, a titolo esemplificativo: disoccupazione, bassa scolarizzazione, microcriminalità).
SOGGETTI
Stante il richiamo al comma 341 dell’art. 1 della Legge Finanziaria 2007 e successive modifiche, a usufruire delle esenzioni saranno solo le piccole e le micro imprese (dunque non le medie, come da più parti annunciato) “come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003”: è piccola impresa quella il cui organico sia inferiore a 50 persone e il cui fatturato o il totale del bilancio annuale non superi 10 milioni di euro; è micro impresa quella il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro.
Ai sensi del comma 341 ter dell’art. 1 della L. n. 296/2006, anch’esso richiamato dal “decreto Abruzzo”, sono comunque escluse dal regime agevolativo le imprese operanti nei settori della costruzione di automobili, della costruzione navale, della fabbricazione di fibre tessili artificiali o sintetiche, della siderurgia e del trasporto su strada.
QUALI AGEVOLAZIONI E PER QUANTO TEMPO, IMPRESE NUOVE E IMPRESE ESISTENTI AL 6 APRILE 2009, ADEGUAMENTO DEL DISPOSITIVO ZFU
Anche la durata e la tipologia di agevolazioni fiscali e contributive, così come i limiti per le imprese esistenti, sono già definite, ancora grazie al richiamo al comma 341 e al comma 341 bis dell’art. 1 della Legge Finanziaria 2007 e successive modifiche.
Secondo il comma 1 bis dell’art. 10 del “decreto Abruzzo”, però, “il termine del 1º gennaio 2008 stabilito dai commi 341 e 341 bis dell’articolo 1 della predetta legge n. 296 del 2006 si intende sostituito dal termine del 6 aprile 2009 e l’espressione “a decorrere dall’anno 2008″ di cui alla lettera c) del citato comma 341 si intende sostituita dall’espressione “a decorrere dall’anno 2009″.”
Quanto appena sopra, si legge in un Dossier del Servizio Studi Dipartimento Ambiente della Camera dei Deputati, ha il fine “di adeguare la disciplina contenuta nella richiamata legge finanziaria 2007 alle imprese ubicate nelle zone colpite dal sisma”.
Certamente logico e sensato è che il termine iniziale per l’installazione di nuove imprese ai fini delle esenzioni, nel caso abruzzese, sia da individuarsi alla data del sisma.
Le piccole e micro imprese che iniziano, nel periodo compreso tra il 6 aprile 2009 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle zone franche urbane individuate nell’ambito dei territori comunali della provincia dell’Aquila e di quelli già identificati con decreto del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009 potrebbero beneficiare di:
a) esenzione totale dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi di imposta e esenzione limitata, nei successivi periodi, per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l’ottavo e nono al 20 per cento; fino a concorrenza dell’importo di euro 100.000 del reddito derivante dall’attività svolta nella zona franca urbana, maggiorato, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2009 e per ciascun periodo di imposta, di un importo pari a euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, residente all’interno del sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana;
b) esenzione dall’Irap, per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di euro 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;
c) esenzione dall’Ici, a decorrere dall’anno 2009 e fino all’anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche;
d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attivita`, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana. Per gli anni successivi l’esonero è limitato per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l’ottavo e nono al 20 per cento.
L’esonero dal versamento dei contributi spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l’attività all’interno della zona franca urbana.
Ai sensi del comma 341 bis dell’art. 1 della Legge Finanziaria 2007 e successive modifiche (e come adeguato dal disegno di legge di conversione del “decreto Abruzzo” approvato dal Senato), le imprese già esistenti (cioè “che hanno avviato la propria attività in una zona franca urbana antecedentemente al 6 aprile 2009”) fruirebbero invece delle agevolazioni nel rispetto del regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti “de minimis” (limite di 200000 euro in 36 mesi).
IL FONDO
Secondo il comma 1 bis, “per il finanziamento delle zone franche urbane individuate ai sensi del presente comma, e per il periodo di vigenza degli incentivi previsto ai sensi del presente comma, è istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 45 milioni di euro”.
Come osservato dal Servizio Studi Dipartimento Ambiente della Camera dei Deputati, “andrebbe chiarito se la dotazione cui fa riferimento la norma debba intendersi riferita a ciascun anno ovvero sia attribuito al complessivo periodo interessato dall’agevolazione fiscale e contributiva”.
Per quanto concerne l’ammontare (tema di grande attualità e partecipazione), in linea con la prevalente interpretazione di quanto disposto dalla Legge Finanziaria 2007 si può con qualche margine di fondatezza chiarire (fino a smentita e interpretazione autentica) che le risorse di cui si tratta sono a copertura delle sole esenzioni a imprese quasi sempre micro (essendo peraltro gli interventi infrastrutturali, strutturali e in generale di ricostruzione oggetto di altre misure di finanziamento e di agevolazione).
Se così è, senza entrare nel merito del confronto pubblico in corso, non può stabilirsi con esattezza se 45 milioni siano sufficienti o meno a coprire le esenzioni finchè non sarà noto il numero delle Zone Franche Urbane abruzzesi, tenuto conto anche del numero di micro e piccole imprese esistenti.
Si rilevi soltanto, ferma restando l’eccezionalità della situazione socio-economica contingente in Abruzzo, che per la copertura delle esenzioni nelle 22 Zone Franche Urbane “ordinarie” è stato fino ad oggi ritenuto sufficiente uno stanziamento complessivo di 50 milioni di euro.
(NON) CONCLUSIONI
L’analisi della norma proposta non può non indurre a qualche riflessione tecnica e neutrale sulla piena applicabilità e sull’intensità/estensione dell’efficacia nel caso abruzzese, che richiede interventi celeri nell’emergenza per la ricostruzione del pre-esistente in aree vaste solo in parte urbane e con varia vocazione e demografia, di uno strumento per sua genesi e per suo spirito (ma soprattutto per dettato normativo) destinato alla ripresa sociale, economica, culturale, urbanistica di quartieri e circoscrizioni degradate delle Città, che necessitano di nuova impresa e nuova occupazione ma anche di progetti di riqualificazione dell’esistente.
Ciò significa individuare aree con potenzialità di sviluppo e ripresa, di nascita e rinascita di micro e piccole imprese, a seconda della vocazione o dei settori storicamente favoriti da questa forma di fiscalità di vantaggio mirata, con quel che ne consegue sotto il profilo della localizzazione tra centri e periferie urbane e dell’articolato rapporto con l’opera di pianificazione in corso, quantomai complessa nella situazione in cui versa soprattutto L’Aquila, che vedrà inevitabilmente sconvolti gli assetti e gli equilibri urbani.
E’ probabile che la scelta sia stata dettata dal favore della Commissione Europea, a certe condizioni, nei riguardi del modello Zfu di derivazione francese e che a tal fine si intenda adattare la disciplina prevista in Legge Finanziaria 2007 e successive modifiche, includendo nel contempo nella previsione del “decreto Abruzzo” quei requisiti che rendono le Zfu ammissibili (per esempio i parametri oggettivi socio-economici e demografici).
Ma se il problema dei criteri e dei parametri di individuazione e perimentrazione nel caso particolare e dei tempi dell’iter attuativo può essere superato dall’azione positiva del Cipe, emerge d’altro canto la necessità di reperire, elaborare e porre in relazione tra loro dati statistici aggiornati e rivelatori del disagio socio-economico come generato dal sisma e dell’utilità/potenzialità di uno strumento quale il sistema di agevolazioni in Zona Franca Urbana infra-comunale nella situazione creatasi in Abruzzo a causa del terremoto.
In altre parole, il rischio è che, alla comprensibile ricerca del consenso comunitario su una formula di successo (in Italia, al momento, solo mediatico e politico), si pervenga ad una soluzione di compromesso tra strumenti esistenti e auspicati, misure per lo sviluppo e misure per la ricostruzione, con finalità e principi diversi, magari compatibili e sovrapponibili allo scopo prioritario della ricostruzione, ma con risultati non in linea con le attese, tutt’altro che univoche, delle stesse istituzioni proponenti e nemmeno tanto scontati al vaglio della Commissione Europea.
V’è da chiedersi poi se non fosse più semplice, piuttosto che dar vita a interferenze tra i due dispositivi con adeguamento di termini e rinvii, prevedere tout court l’estensione delle medesime agevolazioni alle aree abruzzesi.
Sullo sfondo, la prudenza delle autorità comunitarie giunte a L’Aquila e, più in generale, il rigore dell’Unione Europea in materia di fiscalità di vantaggio, di tutela della concorrenza, di uso degli strumenti di aiuto e sostegno in vigore.
Forse consapevole di questi ed altri aspetti problematici, il legislatore propone ai commi 1 ter e 1 quater dell’art. 10 del D.L. n. 39/2009 un regime fiscale alternativo di incentivazione.
*In Provincia dell’Aquila: Acciano, Barete, Barisciano, Castel del Monte, Campotosto, Capestrano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castel di Ieri, Castelvecchio Calvisio, Castelvecchio Subequo, Cocullo, Collarmele, Fagnano Alto, Fossa, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, L’Aquila, Lucoli, Navelli, Ocre, Ofena, Ovindoli, Pizzoli, Poggio Picenze, Prata d’Ansidonia, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, San Demetrio neVestini, San Pio delle Camere, Sant’Eusanio Forconese, Santo Stefano di Sessanio, Scoppito, Tione degli Abruzzi, Tornimparte, Villa Sant’Angelo e Villa Santa Lucia degli Abruzzi; in Provincia di Teramo: Arsita, Castelli, Montorio al Vomano, Pitracamela e Tossicia; in Provincia di Pescara: Brittoli, Bussi sul Tirino, Civitella Casanova, Cugnoli, Montebello di Bertona, Popoli e Torre de’ Passeri.
Pubblicato su Rete5.tv
“Zone franche in Abruzzo: ma di che stiamo parlando?”, giugno 2009
( rocco.iemma@tin.it )
Gruppo Zone Franche Urbane su Facebook.
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