zfu e professionisti, alcune novità

25 giugno 2014

Ai sensi della Circolare n. 32024 del 30 settembre 2013, emessa dal Mise-Dps-Dgiai, “possono accedere alle agevolazioni anche gli studi professionali e, più in generale, i professionisti purché svolgano la propria attività in forma di impresa e siano iscritti, alla data di presentazione dell’istanza di agevolazione, al Registro delle imprese”.

Tale precisazione, non inclusa del D.M. 10 aprile 2013 e probabilmente necessaria in considerazione del fatto che per i titolari di reddito da lavoro autonomo una previsione (ai soli fini dell’esonero contributivo) era invece contenuta nell’originaria disciplina normativa (art. 1, comma 341, lett. d) della L. n. 296/2006), ha generato non pochi dubbi nel quadro del più ampio dibattito sulla natura del reddito prodotto dalle Società tra Professionisti ai sensi della L. n. 183/2011 e sulla rilevanza (solo anagrafica?) dell’iscrizione di tali soggetti al Registro delle Imprese (tra i molti contributi, si segnalano quello del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, quello della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro e quello del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili).

Le incertezze nascono dal fatto che, ai sensi dell’art. 10 della L. n. 183/2011, le S.t.p. possono esse costituite “secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile”, dunque anche modelli di società in generale e di norma produttive di reddito d’impresa, ma solo ed esclusivamente “per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico”, attività invece tipicamente produttive di reddito da lavoro autonomo.

Mentre, per esempio, per le “società di ingegneria” ex D.Lgs. n. 163/2006 il problema è stato risolto dalla stessa Agenzia delle Entrate con Risoluzione n. 56/e del 2006 (secondo cui queste, in quanto società di capitali, producono senza dubbio reddito d’impresa), così come per le “società tra avvocati” ex D.Lgs. n. 96/2001 (regolate come s.n.c. ai fini civilistici ma non considerate commerciali, equiparate alle associazioni senza personalità giuridica per l’esercizio di arti e professioni ai sensi del T.U.I.R., perciò produttive di reddito da lavoro autonomo, e non soggette a fallimento), altrettanto non può dirsi ancora oggi per le S.t.p., che rappresentano un modello peculiare.

Da ultimo, in attuazione dell’art. 7 della L. n. 23/2014 (c.d. “delega fiscale”), il Governo ha stilato un primo schema di decreto legislativo che prevede, tra le altre cose, che l’utile della S.t.p. venga attribuito ai soci per trasparenza e che la quota imputata al singolo socio (socio professionista o socio non professionista per prestazioni tecniche o per finalità di investimento, secondo la L. n. 183/2011) venga classificata come reddito da lavoro autonomo, con l’unica eccezione relativa ai soci non professionisti, che esercitano attività d’impresa, e che considerano la partecipazione nella S.t.p. tra i beni relativi alla stessa, con un utile personale qualificato come provento/reddito d’impresa.

In attesa dei testi ufficiali, una importante conferma di quanto già di fatto contenuto nel disegno di legge S.958 (“semplificazione”) all’art. 27, comma 4, che risulta ancora in discussione al Senato.

Un ulteriore dettaglio che non dissolve di certo i dubbi generali (solo poche settimane addietro, infatti, l’Agenzia delle Entrate aveva assunto una diversa posizione), nè quelli generati dalla Circolare n. 32024, ma di cui tener conto ai fini dell’ipotesi di accesso dei professionisti alle agevolazioni in Zona Franca Urbana, che riguardano imprese e professionisti in forma d’impresa e perciò operano in riduzione di imposte su imponibili derivanti da attività d’impresa

(info e contatti: posta@studiolegaleiemma.it )

(partecipazione e aggiornamento: Zone Franche Urbane su Facebook )

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